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“NEL MARE CI SONO I COCCODRILLI”, IL LIBRO EPICO DI FABIO GEDA

  • Giuseppina Lambiase 1F
  • 6 mar 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

Fabio Geda è nato nel 1972 a Torino, dove vive. Dopo una laurea in Scienze della comunicazione, per un decennio, ha lavorato come educatore per i servizi sociali. Un'esperienza che ha, in qualche modo, riversato nella sua produzione letteraria. Sin dal suo esordio nel 2007 con Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani, Geda mette al centro della narrazione, i ragazzi.. Nel 2010 pubblica Nel mare ci sono i coccodrilli con Baldini Castoldi e Dalai. Storia vera di Enaiatollah Akbari, fuggito ancora bambino dall'Afghanistan e approdato, dopo un lungo e travagliato viaggio, a Torino.


Il libro è stato pubblicato nel 2010. Il racconto appartiene al genere del romanzo biografico. Enaiatollah insieme alla madre si trasferiscono in Pakistan, più precisamente nella città di Quetta, qui la madre gli fa promettere di non rubare, non fare uso di droghe e di non usare armi e dopo averlo fatto addormentare lo lascia da solo. La mattina dopo Enaiatollah si sveglia e non sente il corpo della madre vicino a lui e capisce che la madre lo aveva abbandonato durante la notte per tornare nel suo villaggio. Il ragazzo, così, inizia a lavorare nel posto in cui vive in cambio di ospitalità da parte del padrone. Proprio lavorando lì un giorno incontra un signore che riconosce la sua bravura e gli fa una proposta, quella di comprare la merce e rivenderla per strada, il ricavato sarebbe spettato per la maggior parte al signore e per una minore a Enaiatollah. Lui accetta e così inizia a conoscere dei ragazzi che come lui si erano trasferiti a Quetta, uno di questi attira la sua attenzione e diventano molto amici. Ma Enaiatollah non ha un posto dove dormire e quindi decide, dopo aver racimolato un po’ di soldi, di andare in Iran con il suo amico Sufi, dove trovano subito lavoro come muratori in un cantiere, ma un giorno la polizia fa un controllo e rimanda in Afghanistan tutti i muratori compreso Enaiattolah. Una volta ritornato in Iran va a lavorare nella fabbrica dove stava Sufi, lì veniva pagato bene ed aveva anche il venerdì come giorno libero. Proprio in uno di questi giorni liberi Ennaiatollah conosce un gruppo di ragazzini che vogliono andare in Turchia e decide di andare con loro, mentre Sufi rifiuta e rimane nel cantiere.




Il viaggio per la Turchia fu duro, infatti dopo aver oltrepassato le fredde montagne, i ragazzi sono stati costretti a rimanere chiusi dentro il cassone di un camion a doppio fondo, riportando dolori a tutte le parti del corpo. Arrivato in Turchia, Enaiatollah vive sotto i ponti e dopo aver incontrato un gruppo di ragazzini più piccoli di lui si imbarca con loro per la Grecia, ma dopo una notte tempestosa riescono ad arrivare a destinazione, e si fanno catturare dalla polizia, tutti tranne Enaiatollah che grazie all’aiuto di una gentile anziana riesce ad imbarcarsi per Atene. Successivamente grazie ad un barcone arriva in Italia, a Venezia e parte per Roma e poi per Torino. Enaiatollah rimase a Torino dopo aver ottenuto la cittadinanza, dove vive tuttora. Enaiatollah alla fine della storia riesce a ricontattare la madre, incredula, e le conferma di essere sano e salvo. Egli termina di narrare questa avventura all'età di 21 anni circa.

La storia è ambientata prima in Pakistan, poi in Turchia, Iran, Grecia e infine a Venezia, Roma e Torino.

Enaiatollah Akbari: è il protagonista che parte per il suo viaggio all’età di undici anni. È un ragazzo molto coraggioso e volenteroso, anche molto preciso nello svolgere il suo lavoro qualunque esso sia. Anche se è stato abbandonato dalla madre non si scoraggia, anzi cerca in tutti i modi di vivere la sua vita, relazionandosi con tutti per non rimanere solo.

La mamma di Enaiatollah: la madre del protagonista, anche se compare solo nelle prime pagine e successivamente nei flashback del figlio, si può comunque analizzare come un personaggio importante nel corso della vicenda. È molto protettiva nei confronti dei figli e per loro farebbe di tutto, è anche una donna molto forte perché ha abbandonato il figlio da solo e in più è rimasta vedova.

Sufi è l’amico di Enaiatollah che ha conosciuto a Quetta, insieme ad altri ragazzi afghani. È il migliore amico del protagonista e stanno sempre insieme anche se alla fine ognuno prende la propria strada e non si rincontrano più. È un ragazzo molto simpatico e a volte molto vivace.

Il linguaggio del libro è un linguaggio semplice, infatti tutto il libro si basa su delle domande di Fabio a Enaiatollah che sta raccontando la sua storia. È, quindi, tutto un susseguirsi di domanda e risposta. Il lessico è semplice e facile da comprendere con l’introduzione di alcune parole che appartenevano alla lingua di Enaiatollah. Il messaggio del libro è quello di sensibilizzare i lettori sulle difficoltà che gli immigrati hanno dovuto passare per arrivare fin qui, attraverso appunto la storia di Enaiatollah che si basa su fatti realmente accaduti. Tutto questo viene narrato dal giovane senza odio, senza rancore, in modo da far capire bene al lettore quello che il protagonista ha vissuto.


Un passo del libro, molto importante è la parte finale, dove Enaiatollah chiama sua madre che nel frattempo era tornata nel suo villaggio insieme ai suoi fratelli e la sente singhiozzare. Questa è una scena molto bella e anche molto importante perché in queste ultime righe che chiudono la storia possiamo vedere come Enaiatollah, dopo tutte le disavventure che ha vissuto, alla fine riesce a contattare la sua famiglia e a dirle che sta bene. Finalmente riesce di nuovo a sentire la voce di sua madre che non ascoltava da quando aveva undici anni, da quella sera in cui lei lo aveva lasciato da solo per paura che lo uccidessero, in quella città ad affrontare quel lungo viaggio che l’ha portato a diventare l uomo che è oggi.


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