Campagna, Palatucci e gli ebrei
- Adriana Carfagno, Aurora Aliberti
- 14 feb 2019
- Tempo di lettura: 1 min

Nel 1938, quando furono emanate le leggi razziali, in Italia risiedevano tra i 40 e i 50 mila ebrei, che furono allontanati dalla vita sociale del Paese. Gli ebrei furono poi deportati in campi di internamento, come quello di Campagna, in provincia di Salerno. Campagna oggi è un piccolo comune che conta circa 17000 abitanti. Un tempo era uno dei luoghi più temuti della Campania, poiché i fascisti decisero di allestire un campo di concentramento. Al suo interno furono compresi due ex conventi che vennero trasformati in breve nella dimora per gli ebrei. I prigionieri venivano legati gli uni agli altri da una catena e ammassati in furgoni o camion. Diversamente dagli altri campi, in quello di Campagna si percepiva di più il calore della popolazione verso i prigionieri: c'erano familiarità, collaborazione, solidarietà. Il destino volle che tra i cittadini ci fosse il vescovo Giovanni Palatucci, nato a Montella. Palatucci spese il proprio tempo nell'assistere moralmente e materialmente gli ebrei rinchiusi all'interno dell'edificio del cantone. A febbraio del 1944 Palatucci divenne Questore reggente di Fiume e garante istituzionale dell'Italia in quella zona. Riuscì a salvare quasi 5000 ebrei destinati ai campi di concentramento tedeschi evitando la loro cattura. Fu arrestato il 13 settembre 1944 dai tedeschi e inviato nel campo di Dachau dove morì a soli 36 anni. Dal 1990 lo Yad Vashem, l’Ente nazionale per la memoria della Shoah dello stato di Israele, lo ha dichiarato Giusto tra le nazioni. Mentre il Vaticano, dal 2004, lo ha proclamato “Servo di Dio”, titolo attribuito alle persone per le quali è stato avviato il processo di beatificazione.
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