L'astrofisica perde il suo re
- Francesco Maria Ferraro,Raffaele Sica
- 7 apr 2018
- Tempo di lettura: 2 min
Stephen Hawking, il re dell’astrofisica e della cosmologia, è scomparso lo scorso 14 marzo, dopo aver illuminato il mondo con le sue scoperte. Si narra che la sua carriera scolastica non iniziò nel migliore dei modi, le sue pagelle non eccellevano, ma ciò nonostante era soprannominato Einstein (nato 139 anni prima, nello stesso giorno) per il suo forte interesse per gli orologi e tutto ciò che poteva definirsi tecnologico all’epoca. Hawking si iscrisse successivamente ad Oxford: in questo periodo studiò insieme al suo amico d’infanzia Roger e riuscì a confermare l’esistenza di regioni, la cui materia ha densità infinita, riuscendosi, inoltre, a ricollegare al Big bang e quindi alla nascita dell’Universo;solo a sentire ciò vengono i brividi. Purtroppo all’età di 21 anni gli venne diagnosticata una malattia degenerante, la SLA, e gli furono dati solo altri due anni di vita. Nonostante ciò continuò nella sua campagna di ricerca e di approfondimento sui fenomeni a cui si era appassionato e sconfisse le leggi della medicina riuscendo a vivere per altri 55 anni. Raramente nascono menti come queste: bisogna sempre apprezzare il loro lavoro e cercare di estrapolarne il più possibile, poiché sono dei geni che riescono a lottare contro tutto pur di riuscire nelle loro imprese. Stephen Hawking oltre a tutte le sue teorie scientifiche, lascia un insegnamento di vita importante: mai mollare e seguire i propri sogni nonostante gli ostacoli che la vita ci pone. La storia di un genio che ha commosso il mondo e ha riunito tutti nell’ammirare l’intelligenza sovraumana di quest’ultimo.
Grazie Stephen, speriamo di sfruttare le tue teorie nel migliore dei modi e sfruttare l’insegnamento che ci hai lasciato.

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