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L'autogestione - Quelli che la musica

Il nostro corso, viaggio tra le note

“Quelli che la musica-A volte ritornano“ intervista a Rester Brendon Entienza autore di uno dei corsi più seguiti nella settimana dello studente del liceo classico De Sanctis Salerno.

Giulia: Nella settimana dello studente di febbraio la scuola si è mobilitata per la settimana dello studente, tutti i corsi sono stati fatti bene, ma il tuo è stata particolarmente seguito.Da dove nasce il titolo del tuo corso? (“Quelli che la musica-A volte ritornano“).

Rester: In realtà il nostro corso doveva chiamarsi "La musica non Jazz“ perchè l'anno scorso, Renato Faggiano ( un mio collega) la settimana prima della consegna del modulo dei corsi mi ha chiesto se volevo farlo con lui e ho detto "va bene" quindi ci sono stati questi titoli come ad esempio "La musica non c'è" e ci siamo chiamati così per richiamare il programma calcistico che si chiama “Quelli che il calcio".

Giulia: Mi ha particolarmente colpito la proposta di "Yellow Submarine" dei Beatles del 1966. Come giudichi l' impatto che la canzone ha avuto sugli studenti? E come giudichi la loro reazione?

Rester : Allora questa canzone è stat portata dal mio collega, Renato Faggiano, secondo me questa canzone non la conosceva nessuno dei ragazzi, perchè conoscendo il gusto musicale dei ragazzi d'oggi (per "ragazzi d'oggi" intendo anche me) non seguono questo particolare tipo di genere."Yellow Submarine" tra l'altro viene solitamente interpretata come una canzone per i bambini.Ho visto la gente particolarmente interessata perchè nessuno si aspettava un significato così profondo oltre i versi di quella canzone, quindi penso sia stata interessante e credo e spero che la gente abbia colto il significato effettivo della canzone.

Infatti i Beatles nel '68 erano allora il gruppo rock più famoso del mondo e questa canzone è dichiaratamente contro ogni forma di guerra. I giovani americani durante le grandi manifestazioni contro la guerra in Vietnam erano solito cantare "viviamo tutti in un sottomarino giallo".

Giulia: Sei passato da un linguaggio musicale anglosassone(Beatles, Police) a canzoni d'autore italiane come Vasco Rossi e Jovanotti. Qual è il filo conduttore che ti ha spinto in questa proposta?

"Noi siamo un gruppo eterogeneo" - dice Rester. Abbiamo gusti personali molto diversi, io personalmente ho portato soltanto canzoni anglosassoni perchè non sono un conoscitore della cultura della musica italiana.Fondamentalmente non c'è un filo conduttore, perchè abbiamo fatto inizialmente una scaletta di canzoni da portare, ma alla fine ognuno la serata prima diceva quali canzoni portare, quindi non c'è un filo logico.- conclude Rester.

Senza dubbio la buona riuscita di questo corso è anche dovuta all' estemporaneità nella scelta dei brani musicali proposti dagli autori del corso oltre al linguaggio universale che è proprio della musica, chiaramente, d'autore.


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