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Ricordare affinché non si ripeta

  • Immagine del redattore: Antonio Barela
    Antonio Barela
  • 29 gen 2019
  • Tempo di lettura: 1 min

“Non è facile fare i conti col male che segna la storia degli uomini. Tanto più il male è grande e tanto più sembra incomprensibile, assurdo, angosciante.” (IL FOGLIO)

Nel giorno del 27 gennaio, giorno in cui venne liberato il campo di concentramento di Auschwitz, si ricordano ogni anno le vittime dell’Olocausto. Tra il 1933 ed il 1945 furono sterminati tra i 15 e i 16 milioni di persone, esclusivamente per motivi razziali o politici, dalle truppe della Germania Nazista ed i loro alleati. Questo tremendo fenomeno è il primo, e si spera l’ultimo, caso di genocidio programmato in quanto nel 1941 venne attuata la cosiddetta soluzione finale alla questione ebraica denominata così dai nazisti. Questo modus operandi comprendeva la deportazione di tutti gli ebrei nei campi di concentramento e il loro sterminio. I deportati venivano uccisi in modo completamente freddo e distaccato, quasi nessuno osava “sporcarsi le mani” ed il lavoro era compiuto da strumenti come docce a gas e forni crematori. La soluzione finale rimase per molto tempo un segreto e Hitler stesso continuava a insabbiare la verità nonostante in quegli anni si iniziasse a dubitare che i lager come Auschwitz fungessero semplicemente come campi di lavoro. Un interessante aneddoto accadde a Napoli nel 1938 quando, in pieno potere nazista, al passaggio di Hitler con il braccio alzato, un’ignota voce in mezzo al pubblico gridò: “Sta verenn’ si for’ chiove” (Sta vedendo se fuori piove). Questa è una testimonianza di come a Napoli venisse affrontata in modo quasi ironico la pazzia di un dittatore come Hitler avendo la capacità di vedere sempre la luce in fondo al tunnel.


 
 
 
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del Liceo Statale "F. De Sanctis" di Salerno

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