Meditate che questo è stato
Gli orrori della guerra segnano terribilmente l'animo di coloro i quali hanno vissuto di persona impensabili atrocità e anche chi prova a dimenticare non ha scampo, i ricordi affiorano continuamente ferendo lo spirito.
Un esempio lampate di quanto enunciato è Primo Levi, un noto scrittore, partigiano e chimico italiano. Nasce a Torino nel 1919 da genitori ebrei, riceve una buona istruzione, riesce seppur con le difficoltà delle leggi razziali a laurearsi in chimica e nel 1943 si unisce ad un gruppo partigiano in Valle D'Aosta, a causa di ciò viene arrestato dalla milizia fascista e deportato al campo di Fossoli, in quanto preferisce dichiararsi ebreo anziché partigiano.
Successivamente viene registrato ad Aushwitz per poi arrivare al campo di Monowitz dove rimane fino alla liberazione da parte dell'Armata Russa il 27 gennaio 1945. Dopo la liberazione, Levi è profondamente sconvolto, tormentato dal ricordo come lui stesso afferma, quindi decide di dedicarsi pienamente alla scrittura, cosa che non gli era del tutto nuova, in quanto già scriveva precedentemente. Il suo scopo principale è quello di testimoniare gli orrori vissuti, quello della Shoah è considerato tra i più grandi crimini della storia, e l'unico modo affinché nulla del genere si possa ripetere in futuro è tenere viva la memoria dei fatti. Questo lo capisce Primo Levi e lo divulga attraverso la sua attività di scrittura nelle sue opere più famose: "Se questo è un uomo", dove parla delle sue esperienze nei campi di concentramento, e "La tregua", che racconta le esperienze successive, in particolare il travagliato viaggio di ritorno in Italia.
Il corpo di Primo Levi viene ritrovato senza vita nel 1987, ai piedi delle scale di casa sua, nessuno sa se effettivamente si sia trattato di un incidente, in quanto egli aveva dei piani per il futuro, ma non si esclude l'ipotesi del suicidio; la madre e la suocera erano malate, ma soprattutto il ricordo della guerra continuava ad annebbiargli la mente anche decenni dopo. Se si trattasse dunque di suicidio, Primo Levi rientrerebbe tra le vittime dello sterminio degli ebrei, seppur indirettamente.
Tra i componimeti più forti di Primo Levi troviamo una poesia che racchiude in poche righe un messaggio fondamentale. Lo scrittore utilizza delle parole che arrivano alle orecchie del lettore, gli trapassano l'anima, continuano a risuonare nella testa rimanendo impresse. Levi riesce nel suo intento di non far morire mai il ricordo della Shoahnella poesia "Shemà", ascolta, contenuta nel libro "Se questo è un uomo". Il testo è il seguente:
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa e andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.