Mafia: come la morte di Giancarlo Siani può aiutarci a estirparla
La mafia è un problema ben noto nel nostro Paese, ma per estirparla è necessario conoscere le sue origini, i suoi timori e i suoi alleati.
Napoli, 23 settembre 1985. Giancarlo Siani, giornalista attivo contro la camorra viene ucciso crivellato da dieci colpi alla testa sparati da due assassini. Il suo "crimine"? Una parola di troppo indirizzata alle persone sbagliate. Una storia già sentita: un giornalista viene "silenziato" dalle associazioni a delinquere, perché sapeva o diceva troppo, realtà queste che stanno, purtroppo, sempre di più diventando la norma nel nostro Paese. A volte, quando viene scritto un articolo o mandato in onda un servizio che parla di avvenimenti simili, mi chiedo come si sia giunti a questo punto, come la mafia sia riuscita ad assumere il controllo di buona parte del territorio.

Tutto parte dalla Sicilia, in un lontano 1800, quando i proprietari terrieri danno il compito ai "gavellotti" di sorvegliare i loro possedimenti durante l'unificazione dello stivale. Queste figure diventano sempre più potenti tanto che iniziano a chiedere un tributo, il pizzo, ai contadini per "scongiurare danni ai campi e al bestiame". Con il passar del tempo la mafia si è sempre di più dedicata alla conquista delle città per, poi, entrare nella politica, nell'industria e nell'economia. Uno stato nello stato, una massa informe che si infiltra nel cuore della nazione, favorendo una primitiva mentalità del "più forte".
Intere comunità sono state plasmate da questo sistema, trasformando privilegio, omertà e violenza in una sorta di legge non scritta, responsabile di un terrore di natura quasi terroristica. Inizia negli anni settanta un piano per silenziare tutti gli oppositori: il ciclo dell' "è stato assassinato", che, per quanto in misura lievemente minore, continua a imperversare.
Giancarlo Siani è stato vittima di questo perverso meccanismo. Ora che conosciamo il contesto del suo omicidio, dobbiamo chiederci come porre fine a queste atrocità.

La cosa più semplice da fare, sulla carta, sarebbe rompere il silenzio che circonda i responsabili di questi assassinii, ma l'omertà cresce nella normalità.
Avrete sentito parlare almeno una volta delle sparatorie nelle scuole americane, no? Forse non sapete che una legge detta Gun Control, mirata a diminuire il numero di armi, è in un limbo politico a causa di una ferocissima opposizione non politica, ma pubblica. Una soluzione alternativa che è stata proposta? I Kinder Guardians, bambini dai 4 anni in su che portano pistole da usare contro gli assalitori. Avete letto bene. L'idea partita da un comico, Baron Cohen, è stata acclamata dalla destra internazionale e veri politici hanno preso parte a video destinati ai bambini per spiegargli come usare le armi da fuoco.
A noi questa sembra follia, ma in America le pistole sono una parte così importante della cultura popolare che questa sembra una soluzione accettabile. Nelle località colpite dalla mafia, le cose vanno allo stesso modo: l'omertà è una realtà accettata da tutti.
Giancarlo Siani aveva 26 anni quando è stato assassinato. Aveva superato la maturità con il massimo dei voti e aveva parlato ai suoi lettori dei clan Nuvoletta e Bardellino. Tutto finito in una notte. Una mente investigativa e geniale silenziata da dieci scoppi. Vogliamo davvero altri casi di cronaca nera? Vogliamo davvero che i nostri figli vengono uccisi perché hanno portato giustizia? Siani non meritava di morire, quel giorno.